Le tasse su quanto viene incassato in caso di cessione di impresa familiare sono interamente a carico dell’imprenditore e la plusvalenza, dal punto di vista fiscale, non viene ripartita fra familiari o affini: può essere sottoposta a tassazione ordinaria oppure, nel caso in cui l’imprenditore possieda l’azienda da almeno cinque anni, a tassazione separata. Lo precisa l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 78/E del 31 agosto 2015, nella quale risponde a specifico interpello.
=> Passaggio generazionale: il patto di famiglia
L’Agenzia delle Entrate sottolinea come, in base all’articolo 230 bis del codice civile, l’impresa familiare abbia sempre natura individuale. Di conseguenza l’imprenditore è l’unico titolare e gestisce l’azienda assumendo in proprio diritti e obbligazioni, e la piena responsabilità verso terzi. L’eventuale fallimento non coinvolge i familiari. Sotto il profilo fiscale, l’articolo 5, comma 4, del TUIR, il testo unico delle imposte sui redditi, prevede che l’imprenditore possa destinare il 49% dei redditi ai familiari che abbiano prestato in modo continuativo e prevalente l’attività di lavoro nell’impresa, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili. Questi eventuali diritti non rappresentano costi nella determinazione del reddito d’impresa, ma una ripartizione dell’utile dell’impresa stessa.
=> Lavoro autonomo o attività d’impresa: come mettersi in proprio
Di conseguenza, conclude il Fisco, la plusvalenza realizzata quando l’impresa viene venduta è fiscalmente imputabile al solo imprenditore. Questo, in linea con l’orientamento già espresso dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare 320/E del 19 dicembre 1997, che riguardava invece il caso di conferimento dell’impresa familiare, stabilendo l’obbligo dell’imprenditore di liquidare ai collaboratori l’incremento patrimoniale senza che l’operazione rivesta rilevanza fiscale.
In pratica, dal punto di vista fiscale la cessione è assimilata a quella di conferimento, visto che l’unica differenza fra le due operazioni è che nel primo caso il prezzo viene monetizzato, nel secondo è rappresentato da quote di partecipazione.
Per quanto riguarda il corretto regime fiscale da applicare, il contribuente potrà applicare la tassazuone ordinaria oppure quella separata, quest’ultima solo nel caso in cui la cessione riguardi un’azienda posseduta da più di cinque anni (articolo 17, comma 1, lettera g del
TUIR). nel caso in cui ci sia stato un passaggio determinato da successione o donazione, casi in cui non è previsto realizzo di plusavalenza, si determina una continuità aziendale utile al calcolo dei cinque anni.
=> Imprese familiari: come gestire il passaggio generazionale
La risoluzione sottolinea infine che, considerate le obiettive condizioni di incertezza sulle modalità di applicazione della tassazione sulla plusvalenza da cessione dell’impresa familiare derivanti dalle diverse interpretazioni fornite, dapprima, con Nota 984 del 17 luglio 1997 e, poi, con la Circolare 320/E del 19 dicembre 1997, nel caso in cui l’imprenditore abbia erroneamente ripartito la plusvalenza fra i familiari, non si applicano le sanzioni.