«La prospettiva resta quella di un’Eurozona a 19 membri» dichiara il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, nel pomeriggio di oggi, lunedì 29 giugno, dopo che la Grecia si è risvegliata con banche chiuse e piazza finanziaria ferma, con le ripercussioni europee e internazionali che il rischio default di Atene comporta.
«Se fallisce l’Euro, fallisce l’Europa»,
dichiara la cancelliera Angela Merkel, dopo aver avuto un colloquio telefonico con il presidente del Stati Uniti, Barack Obama, che ha chiesto ulteriori sforzi per riaprire il negoziato con il paese ellenico, evitandone fallimento e uscita dalla moneta unica. Iniziative anche a livello di parlamento europeo, con i capigruppo che hanno chiesto a Juncker di convocare un Eurosummit straordinario.
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L’impressione è che il lunedì più nero della storia della moneta unica si avvii verso una conclusione all’insegna della speranza per la riapertura di una trattativa. Le ore sono contate, letteralmente: martedì 30 giugno Atene deve restituire al FMI (Fondo Monetario Internazionale) 1,5 miliardi di prestito e ha abbondantemente annunciato di non aver i soldi. La rottura delle trattative implica la fine del piano di salvataggio sempre il 30 giugno, in assenza del quale la BCE non eroga più liquidità alle banche greche (ma non nega quella già concessa, anche nelle ultimissime settimane).
Atene ha chiesto di prolungare la scadenza del bailout (il salvataggio) di qualche giorno, per consentire lo svolgimento del referendum del 5 luglio. Analoghe richieste da parte del governo greco erano già state formulate negli ultimi giorni, ma rifiutate. Ora, invece, sembra che le porte non siano del tutto chiuse. Il premier ellenico Alexis Tsipras ha telefonato a Juncker chiedendo anche di ristabilire le condizioni di liquidità per consentire l’operatività delle banche. «Ostruire l’espressione democratica del popolo greco chiudendo le banche va contro la tradizione democratica dell’Europa» avrebbe argomentato il premier greco al collega europeo, secondo quanto si apprende.
La stessa cancelliera tedesca Merkel ha parlato oggi di «diritto legittimo del governo greco» a «prevedere un referendum», e ha aggiunto che:
«l’Euro non fallisce per un referendum in Grecia, ma fallirebbe se riducessimo ulteriormente i vincoli», concludendo che «l’Europa vive della capacità di trovare accordi».
Merkel sottolinea anche che un compromesso alla Grecia è stato proposto e il governo di Atene lo ha rifiutato.
Juncker esprime una linea simile, mettendo forse maggiormente l’accento sulle responsabilità di Atene nella chiusura delle trattative. Comunque, il presidente della commissione si definisce «molto rattristato dallo spettacolo che ha dato l’Europa» nei giorni scorsi e si è augurato che l’Eurozona resti a 19 membri (significa la permanenza della Grecia nella moneta unica): «sia chiaro che nell’Eurozona non ci sono una democrazia contro 18 o 18 contro una» ha aggiunto.
In generale, dall’Europa arrivano segnali di disponibilità a riaprire la trattativa. Solo dichiarazioni per scaricare la responsabilità di un eventuale default di Atene, oppure reali segnali di apertura? Il punto è passare dalle parole ai fatti perchè le ore sono decisamente contate: la scadenza del prestito del FMI alla Grecia è il 30 giugno, quella del piano di aiuti europei pure. E il 30 giugno è domani.