Il decreto del Governo sulla reindicizzazione pensioni dopo la bocciatura della Corte Costituzionale al blocco stabilito dalla Riforma Fornero per gli anni 2012 e 2013 sembra destinato a slittare di qualche giorno: era previsto entro la fine di questa settimana, quindi entro il 15 maggio, mentre potrebbe arrivare lunedì 18 maggio. Il condizionale è d’obbligo, ma il prossimo Consiglio dei Ministri è convocato, appunto, per lunedì prossimo, e sembra molto probabile che in quella sede venga approvato il decreto.
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Secondo le indiscrezioni, il Governo ha preso tempo per mettere a punto una norma tecnicamente complessa: come è noto, da una parte va recepita la sentenza della Corte, che ha definito incostituzionale lo stop alla rivalutazione degli assegni sopra tre volte il minimo per gli anni 2012 e 2013 deciso dalla Riforma Fornero, dall’altra va individuato un meccanismo che consenta la reindicizzazione pensioni senza compromettere bilancio pubblico e rispetto dei parametri europei.
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Nei giorni scorsi sono stati presentati diversi calcoli, in base ai quali l’esborso per i conti pubblici potrebbe superare i 10 miliardi di euro, mentre le ultime indiscrezioni parlano di un esborso complessivo fra i 4 e i 4,8 miliardi di euro. Di questi, una cifra compresa fra i 3 e i 3,5 miliardi riguarderebbe il 2015, il resto gli anni successivi. L’Esecutivo sta pensando, secondo quanto si apprende, a restituire l’indicizzazione alle prime fasce di reddito escluse, mantenendo invece lo stop per i redditi più alti (si parla di un’asticella intorno ai 2500-3mila euro lordi al mese).
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Si tratta solo di ipotesi, è bene precisarlo, le certezze arriveranno solo con il provvedimento del Governo. Nel frattempo, il dibattito continua a essere vivace. Il Ministero del Lavoro, Giuliano Poletti, si limita a precisare che «il Governo agirà rapidamente, ma utilizzerà il tempo indispensabile a sviluppare un’analisi completa e puntuale dei contenuti della sentenza» e «delle diverse ipotesi di intervento che la stessa ammette». Poletti assicura che l’esecutivo è intenzionato ad affrontare la questione «con spirito di equità, all’interno del sistema previdenziale, senza scaricare ulteriori pesi sulle future generazioni». Quest’ultima precisazione è in linea con quanto dichiarato dal presidente dell’INPS, Tito Boeri, il quale a sua volta sollecita una soluzione ispirata a un’equità che sia anche intergenerazionale, «perché non si possono chiedere prelievi ulteriori a chi è destinato a avere prestazioni future più basse». Boeri fornisce anche rassicurazioni sul fatto che non ci saranno problemi per l’INPS, per il quale gli oneri sono sopportabili, la questione della sostenibilità riguarda solo i conti pubblici. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ribadisce a sua volta che si lavora a una «soluzione che minimizzi l’impatto sulla finanza pubblica e permetta di rispettare tutti i parametri di finanza pubblica come scritto nel DEF». Tornando alle ipotesi di cui si parla, non si esclude che nel decreto del governo, nel capitolo coperture venga inserita una clausola di salvaguardia, nel caso in cui le risorse stanziate non fossero sufficienti: niente aumenti di tasse, comunque, ma risparmi da spending review.