Il telelavoro non è così diffuso come ci si potrebbe aspettare visti i suoi indubbi vantaggi, anche se ultimamente molte aziende hanno iniziato a praticarlo, più per ottimizzare i costi di gestione del personale che per rispondere concretamente alle politiche di eco-sostenibilità.
I dipendenti interrogati sulla possibilità di aderire a programmi di lavoro in remoto, dal canto loro, non possono che risultare sostanzialmente d’accordo, anzi entusiasti. Per quanto lamentino l’esclusione dai processi decisionali aziendali.
Norme e contratti
Per favorire l’adozione del telelavoro nelle Pmi, nella Regione Lazio è stata anche avanzata una proposta di legge (n. 274 del 23 maggio 2007): “Misure per favorire l’utilizzo del telelavoro nelle piccole e medie imprese del Lazio”.
In generale, la regolamentazione del telelavoro è articolata, e si correda di recepimenti e raccomandazioni nei contratti collettivi.
I contratti aziendali in telelavoro – delineati dalla contrattazione collettiva – si fondano su due norme specifiche: Regole tecniche per il telelavoro ai sensi dell’art. 6 del DPR n.70/99 secondo la Deliberazione AIPA n.16/2001 e Regolamento recante disciplina del telelavoro nelle pubbliche amministrazioni (articolo 4, comma 3, legge n.191/1998 secondo il D.P.R. n.70/1999.
Quest’ultima, in particolare, applicabile anche al settore privato fornisce
delle linee guida su postazione, modalità di connessione, tecniche di identificazione e autenticazione, scambi di informazione tra uffici ed eventuale uso della firma digitale.
Altre normative connesse, raccolte in norme separate, forniscono un quadro più completo, ad esempio in materia di sicurezza sul lavoro, uso della posta elettronica e programmi informatici.
Nel 2004 è stato sottoscritto un Accordo interconfederale di regolamentazione generale in recepimento dell’Accordo quadro europeo del 2002. Successivamente, la maggior parte dei contratti collettivi rinnovati hanno poi recepito completamente le disposizioni.
La sicurezza del telelavoro rappresenta probabilmente il principale deterrente per le aziende. In realtà, il telelavoro è regolato anche in materia di trattamento dei dati aziendali con la norma ISO/IEC 27001, che indica i controlli minimi per la postazione di telelavoro e per evitare accessi non autorizzati ai dati aziendali.
Esempi pratici
Fonte di vantaggi economici e benefici personali, sia per i manager che per gli impiegati, anche in Italia il telelavoro comincia a fare capolino. Alcune aziende, addirittura, ne hanno fatto un business.
In provincia di Vicenza, la società Telekottage Asiago gestisce un tele-centro organizzato con postazioni disponibili al pubblico, ed offre servizi quali corsi di formazione per aziende o videoconferenza. È disponibile anche un call center per imprese ed enti che vogliano servirsene per la gestione di servizi di prenotazione, assistenza clienti, help-desk, vendita telefonica e telemarketing.
Aziende come Nortel, invece, hanno adottato il telelavoro nell’ambito del proprio programma “green” volto a diminuire l’impatto ambientale. I risultati riportati lo scorso giugno a Milano da Marco Pasculli, Carrier Leader per l’Italia, sono relativi a un caso reale di telelavoratore: l’utilizzo di banda larga, VoIP e video-collaborazione ha fatto significativamente diminuire i giorni di permanenza in ufficio su base mese (da 12 a 6g), dando maggiore spazio non solo al lavoro svolto da casa (8 giorni) ma dimezzando anche le trasferte.
Anche Telecom Italia ha effettuato una sperimentazione per 200 dipendenti in regime di telelavoro domiciliare per il Servizio 12. Ogni dipendente è stato dotato di postazione casalinga: unità di elaborazione tastiera, monitor e cuffia microfonica, unitamente a una lampada e il telefono/fax.
Interessante è stata la cura della sicurezza, implementata grazie all’alimentazione separata, tramite linea di energia dedicata alla postazione che, a fine turno, viene automaticamente disabilitata.