La proposta del Governo per le future pensioni dei giovani riguarda coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996 e rientrano quindi completamente nel sistema contributivo. Con carriere discontinue, ipotesi molto frequente visto l’andamento del mercato del lavoro negli ultimi anni, rischiano di avere al termine della vita lavorativa assegni previdenziali molto bassi. La questione, come noto, è al centro della fase del dibattito Governo sindacati sulla Riforma Pensioni, anche in vista della prossima Legge di Stabilità 2018.
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Pensione minima
L’esecutivo ha messo a punto un sistema che punta a far salire fino a 650-680 euro l’assegno previdenziale minimo per chi si ritirerà con almeno 20 anni di contributi (pensione di vecchiaia).
In base alle attuali regole, chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 andrà in pensione a 70 anni. Ci vogliono 20 anni di contributi e bisogna aver maturato un assegno pari ad almeno 1,5 volte il minimo.
Paletti che la proposta del Governo allenta. Innanzitutto, si abbassa a 1,2 volte il minimo la soglia dell’assegno maturato per ottenere la pensione. Ma l’intervento fondamentale riguarda la nuova possibilità di cumulo dell’assegno sociale con la pensione maturata. In base alle regole attuali, il paletto è del 33%. Il Governo punta invece ad alzarlo al 50%.
L’assegno sociale è intorno ai 450 euro al mese. La pensione minima in base alla nuova regola (1,2 volte il minimo), sarebbe di circa 540 euro. Il calcolo sulla cumulabilità è complicato, ma in base alla proposta del Governo comporta una pensione minima intorno ai 650-680 euro.
Attenzione: il meccanismo è tale per cui ne traggono vantaggio solo coloro che, quando andranno in pensione, avranno maturato un assegno fra 1,2 e 1,5 volte l’assegno sociale. La richiesta dei sindacati, invece, è quella di prevedere un assegno previdenziale minimo generalizzato per tutti coloro che hanno la pensione interamente calcolata con il contributivo, con un importo più alto (intorno ai mille euro al mese).