Una buona maggioranza di PMI italiane (il 58,3%), anche in quest’ultimo anno particolarmente difficile, non ha riscontrato problemi ad affrontare gli impegni finanziari presi.
E questa era la buona notizia. Ma l’altra faccia della medaglia è che c’è un restante, e consistente, 42% circa che invece i problemi li ha avuti e c’è un 12% di aziende per cui le difficoltà sono state sistemiche.
In generale sono alte le percentuali di aziende che riscontrano problemi nell’accesso al credito: sia la disponibilità a concedere prestiti sia le condizioni sono peggiorate.
La propensione agli investimenti si riduce, hanno problemi di liquidità anche le aziende con bilanci positivi, il rapporto con le banche è particolarmente difficile in fase di start-up (=>scopri gli incentivi alle start-up). Insomma, nel rapporto fra banche e imprese le ombre al momento sono decisamente più fitte delle luci.
A rilevarlo, è il consueto rapporto Focus PMI di Lexjus Sinacta, realizzato dall’istituto Tagliacarne su un campione di 1600 PMI.
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Internazionalizzazione
Il focus, quest’anno, è rivolto alle imprese che malgrado la crisi riescono ad internazionalizzare. Qui il rapporto con le banche è più proficuo: fra le aziende proiettate sul mercato europeo la percentuale di chi non ha problemi finanziari sale al 65,6%, fra quelle che lavorano su altri mercati internazionali al 69,4%.
Le imprese che, invece, sono interamente concentrate sul mercato italiano, sono al riparo da problemi solo nel 57,4%, e se si considerano solo quelle di minori dimensioni il numero scende ulteriormente, al 53%.
Comunque, la netta maggioranza degli imprenditori segnala un qualche problema di rapporto con le bannche, solo il 23% delle PMI non ravvisa criticità, mentre il 39% lamenta un aumento dei costi dei finanziamento e il 14% un razionamento quantitativo del credito erogato.
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In sintesi: come a più riprese emerso in questi anni caratterizzati dalla crisi, le dimensioni eccessivamente piccole sono un ostacolo alla competitività delle imprese (lo ha sottolineato anche Raffaele Jerusalmi, amministratore delegato di Borsa Italiana, in occasione del convegno del 24 maggio di Focus PMI). Viceversa, le imprese più internazionalizzate hanno migliori parametri di tenuta finanziaria.
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Per il 43% delle PMI il supporto bancario è parte integrante nel processo di internazionalizzazione, ma anche qui le criticità esistono: c’è un 25,7% di imprese che se ci fosse un atteggiamento maggiormente proattivo da parte delle banche si proietterebbe sui mercati esteri. Dunque, un mercato potenziale che le banche dovrebbero riuscire ad agganciare, magari attrezzandosi maggiormente per perseguire l’obiettivo. Lo rileva, fra gli altri, Domenico De Angelis, condirettore del Banco Popolare, secondo il quale gli istituti di credito dovrebbero essere maggiormente in grado di offrire competenze specifiche alle aziende che internazionalizzano.
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Lo sbocco sui mercati esteri è considerato un volano di sviluppo importante per le PMI, soprattutto in tempi di forte contrazione del mercato interno. Il Made in Italy ha notevoli potenzialità all’estero, da sfruttare maggiormente.
Banca – impresa
La crisi continua a rendere difficile il rapporto banca-impresa: il 22% delle aziende ha ridotto la domanda di credito nel 2012, contro il 14% che l’ha incrementata. Il 63% del campione è riuscito a restare su livelli stabili, ma spesso ha usato i soldi non tanto per gli investimenti, quanto per affrontare le esigenze di liquidità. Queste, al momento, sono l’emergenza numero uno anche per le aziende che, malgrado la crisi, hanno ancora fatturato e margini in crescita.
Dal canto loro, le banche stringono i cordoni: il 19% delle richieste di credito viene respinto, il 18% viene concesso solo in parte. Anche qui, vengono accolte più frequentemente le richieste di finanziamento delle aziende a vocazione internazionale, mentre chi opera sul mercato di prossimità di vede negare il credito con frequenza sopra la media (20,5%).
Infine, particolarmente difficile il rapporto fra banche e start up: il 31% delle imprese nate dopo il 2005 non utilizza credito bancario.
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Si può ipotizzare una specifica difficoltà di sostegno alle neo-imprese sia perché manca un rapporto “storico” con l’imprenditore, sia perché i livelli di capitalizzazione e i risultati economici di queste aziende sono spesso incerti, rendendo difficile il finanziamento da parte delle banche.